MACCHIAIOLI

G. Fattori ' Maria Stuarda al campo di Crookstone'Verso il 1856 gli artisti che frequentano il caffè Michelangelo a Firenze incominciarono a sentire la necessità di cambiare temi e tecniche della pittura italiana ancora molto legata alla sensibilità romantica più provinciale e di rinnovarla sulla scorta delle esperienze francesi. Molti artisti italiani cominciavano a compiere viaggi di "studio" a Parigi per conoscere la nuova pittura di Corot e della scuola di Barbizon, per vedere Gericault e Delacroix e anche David e Ingres.

Boldini e De Nittis si stabiliranno definitivamente a parigi partecipando sullo stesso piano dei francesi alla vicenda artistica. Dunque Firenze era la città italiana più all'avanguardia in quegli anni e molti pittori usciti dall'esperienza delle campagne risorgimentali del'48 e '49 cominceranno a dipingere in modo più sintetico, secondo la macchia. Erano:
Fattori. Signorini, Lega, Cecioni, Banti, Puccinelli, Borrani, Sernesi, Cabianca, Costa, Altamura, DeTivoli. Con loro il giovane critico Diego Martelli.

R. Sernesi 'Tetti al sole' La "macchia" consisteva nel "accentuazione del chiaroscuro per stabilire il valore strutturale della luce-colore contro l'alleggerimento della tecnica a velature" . Cioè il colore veniva steso in modo più deciso, organizzando il dipinto in zone omogenee di colore non attenuate dalle velature del chiaroscuro tonale che ammorbidisce la forma e crea maggior rispondenza dell'oggetto dipinto rispetto all'idea di quello reale.I macchiaioli pensavano che se la luce piena del giorno crea forti contrasti di luce e ombra e confonde i contorni e mescola le forme, tale effetto deve essere riportato sulla tela.

Tale tecnica veniva già usata nei bozzetti dei temi di storia, poi lentamente si fa strada anche nell'esecuzione di opere finite. Spesse volte si usava uno specchio nero per accentuare il "ton gris" cioè quel tono grigio unificatore.

G. fattori 'Campo italiano alla battaglia di Magenta' Giovanni Fattori è forse il maggior interprete di questa tendenza. Esordisce con opere di carattere storico e didascalico secondo gli insegnamenti del suo maestro Pollastrini. Temi presi dagli scritti di Massimo D'Azeglio o Tommaso Grossi come "Elisabetta regina d'Inghilterra consegna al cardinale arcivescovo il giovinetto Duca di York". Già dalla lunghezza del titolo si immagina la retorica dell'opera.

Il momento della svolta è il '59 con l'opera che vincerà il primo premio al concorso Ricasoli :"Campo italiano alla battaglia di Magenta" dove vediamo il carro della Croce Rossa passare tra i soldati. La nuova pittura si esalta nei paesaggi, studiati all'aperto come per gli impressionisti, che spingono gli artisti a preferire tele orizzontali. Molti di loro si ritrovano a Castiglioncello, nella casa di Martelli a dipingere, o sulle rive del Magra o a Piagentina (vicino Fiesole) come Silvestro Lega.

G.Fattori 'In vedetta'Grandissime sono due opere di fattori che raccontano la realtà dell'esperienza risorgimentale : "In vedetta" e "Lo staffato". Ne "In vedetta" la novità dell' inquadratura, con il muro bianco in diagonale che domina il paesaggio e il silenzio dei cavalieri nella spiaggia solitaria crea uno dei più alti capolavori della pittura italiana. "

G.Fattori 'Lo staffato' Lo staffato" colpisce lo spettatore con la sua cruda realtà : un soldato ferito e staffato è trascinato dal suo cavallo spaventato al galoppo lungo un sentiero, lasciando una scia di sangue dietro se. Il più vero e antiretorico monumento ai Caduti delle guerre Risorgimentali.