L'allieva
1924
Mario Sironi era fascista, ma cosa questa parola significhi se giustapposta al nome di Mario Sironi è una questione complessa, un tabù. Sironi aderisce al fascismo nel 1919 e nel corso della propria vita ha un’ interlocuzione diretta con Benito Mussolini. Non occorre calarsi nei meandri del suo carteggio con Mussolini per capire che Sironi crede, anzi, confida nel fascismo con intensità maggiore a quella degli altri futuristi, basta guardare l’opera; se il valore principe di Marinetti e dei suoi è la velocità, e dunque il movimento, per Sironi è quel che in pittura contraddice la velocità, ovvero il volume. La volumetria è un valore classico, il valore della stabilità, dell’eterno, del monumento; se non che Sironi dipinge antimonumenti volumetrici, spettri di fabbriche, esoscheletri di cisterne, la matematica delle ciminiere.
Non solo Mario Sironi infiltra la sua tristezza disillusa nel movimento delle maree multicolori e polifoniche, ma contraddice pittoricamente tutto quello che La città che sale e gli altri capolavori dei suoi colleghi hanno testimoniato; dipinge l’irremovibilità degli edifici, la costrizione statica. In Sironi il vento non è amico del ciclista, è massa d’aria che oppone resistenza al movimento della bicicletta; Sironi non dipinge il muscolo, ma la fatica.