Appunti di Storia dell'arte

Dipartimento di Disegno e storia dell'arte del Liceo "Primo Levi" di San Donato Milanese

Giovanni Boldini

Ferrara, 31 dicembre 1842 - Parigi 11 gennaio 1931









Boldini è una figura molto interessante nell'ambito della pittura ottocentesca e della prima parte del novecento. Egli dipinge infatti in modo egregio dagli anni 60' dell'ottocento fino agli anni '30 del '900. Si colloca in una posizione intermedia tra l'impressionismo francese e i macchiaoli italiani. Insieme ad altri grandi italiani come De Nittis, Signorini, Zandomeneghi e Fattori, il nostro ha molto innovato la pittura ed ha anticipato alcuni temi poi sviluppati dagli impressionisti e addirittura dai futuristi.

Ha studiato a Ferrara, città tradizionalmente vicina al razionalismo quattrocentesco; poi a Firenze ha conosciuto i macchiaioli ed insieme a loro è cresciuto artisticamente. Abbandona ben presto la poetica macchiaiola per intraprendere una strada più movimentata in cui i ritratti abbiano un'importanza maggiore, un dinamismo maggiore e i temi siano più dedicati agli interni piuttosto che ai calmi paesaggi dei macchiaioli.

Rispetto a Borrani e Fattori, Boldini preferisce paesaggi molto ravvicinati, scorciati, con un formato della tela verticale come nelle splendide vedute affrescate nella villa della Falconiera (1868). Arriva facilmente al colore vivace e lucido, steso velocemente, quasi bozzettistico in opere come Due figure in maschera (Dopo il veglione) del 1878, dopo aver creato dei ritratti magnifici seguendo la lezione Degasiana della Famiglia Bellelli: i suoi ritratti di Alaide Banti e Leonetto Banti rinnovano il tema del ritratto in un interno. Per Boldini lo sfondo non deve essere più uniforme e neutro ma deve essere l'effettivo sfondo/arredamento presente.

Scrive Telemaco Signorini nel Gazzettino delle arti del disegno dopo aver visto le opere esposte da Boldini alla promotrice del 1866 "I ritratti si sono fino a qui fatti con una massima sola, cioè dovevano avere un fondo unitoil più possibilmente per far staccaree non disturbare la testa del ritrattato; precetto ridicolo e lo dice il sig. Boldini con i suoi ritratti che hanno per fondo ciò che presenta lo studio, di quadri, stampe e altri oggetti attaccati al muro, senza che per questo la testa del ritrattato ne scapiti per nulla."

Nel 1871 Boldini si reca definitivamente a Parigi e comincia a dipingere paesaggi e cavalli con il dinamismo che gli è proprio, vedi opere come Periferia parigina(1871) o Place Clichy(1874)o ancora La Senna a Bougival. La critica sottolineerà il carattere troppo algido e lucido della pittura di Boldini con figurine troppo retoriche mentre apprezzerà di più le opere di Zandomeneghi e De Nittis che più si avvicinavano ai modelli dell'impressionismo francese.

Boldini inizia a collaborare con la ditta Goupil, mercanti d'arte e produttori di stampe degli artisti famosi del tempo. La Goupil è la ditta in cui lavorarono per alcuni anni anche Vincent van Gogh e il fratello Theo. Lo stile della Goupil è quello richiesto dal mercato: scenette di genere, neo-settecento, scene galanti con dame e cavalieri, vedute e paesaggi leziosi e di facile comprensione e gli artisti più amati erano Meissonier, Fortuny e De Nittis. Un gusto retrò molto caro alla borghesia degli anni '70 che amava quasti eccessi, questo gusto quasi Kitsch. Un gusto molto criticato da Van Gogh e che sarà uno dei motivi della sua interruzione del rapporto con Goupil.

Boldini in pochi anni divenne ricco e famoso. Boldini viene sempre più attratto dal tema del Caffè e dall'universo notturno come Manet, Degas e Toulouse-Lautrec. Può sperimentare prospettive diagonali, visioni scorciate e descrivere contemporaneamente un mondo "basso" e un mondo "alto". Si dedica sempre di più ai ritratti in interni e diventa uno dei interpreti ufficiali del bel mondo parigino fatto di ritratti di contesse e di ballerine e cantanti. Continuano gli esperimenti del quadro-nel-quadro e del dinamismo. Le pennellate si fanno sempre più lunghe e vaporose, i vestiti si smaterializzano, la persona viene descritta per parti. In un ritratto alcune cose sono solo accennate, altre sono evidenziate. La tavolozza lentamente si scurisce anche grazie ad un viaggio in Olanda dove studia i paesaggisti e l'arte olandese del seicento da Rembrandt ad Hals, ma sopratutto i rappresentanti della scuola dell'Aja: Anton Mauve (uno dei "maestri" di van Gogh) Israels e Maris. Studia anche Velasquez dopo un viaggio in Spagna con Degas nel 1899.

Ecco dunque forse il periodo più fecondo della vita artistica di Boldini. I suoi capolavori sono il Ritratto di Emilia Concha de Ossa (detto Pastello bianco) del 1888, che vincerà la medaglia d'oro e il Gran prix all'Esposizione Universale dell'89, e il successivo Signora nello studio dinanzi al 'Pastello bianco'. Il Pastello bianco, che ricorda le atmosfere di Whistler(Sinfonia in bianco), è appunto una grande sinfonia in bianco di un vestito di candida leggerezza e un ritratto femminile di sorprendente vitalità e delicatezza. Il quadro è ripreso nell'altra opera con una modernità sconcertante: una signora in nero, di spalle, una silohuette, guarda il pastello bianco, in un atelier, quasi coprendolo, in un bellissimo contrasto di chiari e scuri. Il pavimento e lo sfondo sono appena accennati e di cromie marroni e terrose.

Il ritratto di Cleò de Merode, una famosa ballerina e attrice, e di Mademoiselle de Gillespie e di Madame Marthe Reigner mostrano la capacità di Boldini di raccontarci il mondo scintillante della Bella Epocque e di sperimentare soluzioni innovative nella tecnica pittorica. Boldini tratta i vestiti in modo sempre più sintetico e dinamico, con forti ombre e tocchi di luce, i volti e le spalle sono sempre più graziosi e sensuali o ammiccanti; ma il trattamento dinamico dei vestiti e degli sfondi apre la porta ai movimenti post-impressionistici, ai simbolisti, ai futuristi.

Montesquiou nella rivista 'Les Modes', dedica nel 1900 un intero articolo a Boldini e mette in evidenza la sua eleganza e pariginità. L'artista infatti è realizzatore senza pari delle civetterie della "parigina", triplo estratto della donna [...]. Ecco se non un aspiegazione, per lo meno un chiarimento su questo fenomeno: la più sottile rappresentazione delle parigine della nostra repubblica affidata ad un italiano come fu, nel secondo impero, affidata ad un fiammingo, alfred Stevens. E che, lo ripeto, questi artisti esclusivi e ricettivi ad un tempo di ogni bellezza, sono affascinati come farfalle prigioniere dall'inebriante fiore dall'aroma complicato, dalla molteplice seduzione, forma dell'"eterno femminino" che potrebbe chiamarsi l'"universale femminino": la "parigina"! Sì, "pariginismo", "modernità", sono le due parole scritte dal maestro ferrarese su ogni foglia del suo albero di sciennza e di grazia.

Dipinge La Marchesa Casati con penne di pavone, ed esegue molti altri ritratti della nobiltà europea; espone nel 1914 alla II mostra Internazionale d'arte promossa dalla Secessione, nel 1919 è insignito dal governo francese della Legion d'honneur e dal governo italiano dal titolo di Grand'Ufficiale della Corona d'Italia. Nel 1926 conosce la giovane giornalista Emilia Cardona che sposa nel 1929. Muore nel 1931 per una broncopolmonite.

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