Nacque nel 1846 a Barletta da famiglia benestante. Nel 1849 morì sua madre, nel 1856 il padre si suicida e nel 1858 muore il nonno a cui era stato affidato. Nel 1860 si trasferisce a Napoli con i fratelli e nel 1861 si iscrive all'istituto d'arte in contrasto con il volere dei fratelli maggiori e il resto della famiglia.
Di questi anni giovanili e scriverà più avanti nel Taccuino:
Ogni mattina prima dell'alba uscivo di casa e correvo a cercare i miei amici pittori, molto più grandi di me, Rossano e Marco de Gregorio. Partivamo tutti insieme[...] Che bei tempi! Con tanta libertà, tanta aria libera, tante corse senza fine!E il mare, il gran cielo e i vasti orizzonti! lontano le isole di Ischia a di Procida; Sorrento e Castellammare in una nebbiarosea che, a poco a poco, veniva dissolta dal sole.[...] A volte, felice, restavo sotto gli improvvisi acquazzoni. Perchè, credetemi, l'atmosfera io la conoscevo bene, e l'ho dipinta tante volte. Conosco tutti i colori, tutti i segreti dell'aria e del cielo nella loro intima natura.
E ancora:
Abbandonai la scuola e divenni maestro di me stesso[...]Io intanto giravo per la campagna dipingendo e il procurarmi i colori indispensabili mi costava una fatica da non credere.
De Nittis e altri intanto avevano creato la scuola di Resina (o di Portici) dal posto in cui andavano a dipingere, con un occhio alla grande tradizione del paessaggismo della scuola di Posillipo (Pitloo e Gigante) e sperimentando la pittura all'aria aperta (en plein air). A Napoli si era trasferito anche il macchiaiolo Adriano Cecioni che incoraggioò subito il giovane De Nittis. (Un giovanotto piccolo, elegantemente vestito, piuttosto brutto di viso ma di aspetto e modi distinti)
Nel 1867 fece un viaggio a Parigi dove soggiornò per due mesi e prese subito confidenza con l'ambiente artistico della città; conobbe Meissonier, iniziò a collaborare con la Galleria d'arte Goupil che subito gli comprò alcuni quadri e altri gli furono commissionati da altri negozianti. Quando tornò a Firenze espose anche allla Promotrice ed ebbe un successo straordinario sopratutto con Il passaggio degli Appennini", che insieme agli altri esposti andò subito venduto. Scriverà Cecioni: Il successo di questo quadro giunse al fanatismo. Si vedeva una strada fangosa con una diligenza, tinta di giallo la metà in sù, che andava verso l'orizzonte, un muro fradicio, un cielo cupo con dei nuvoloni scuri e quasi neri sull'orizzonte, di dove sembrava venire un temporale; uno strappo nell'aria che lasciava vedere un pò di chiaro, ciò che rendeva bene l'agitazione di un cielo burrascoso, ed aumentava la tristezza dell'effetto. Tutto questo eseguito in modo tale in modo da far rimanere stupitio chiunque
Anche Diego Martelli, il critico che sosteneva i macchiaioli, lo sottolineò nel "Gazzettino delle Arti del Disegno".
Torò definitivamente a Parigi nel 1868 e nel 1869 sposò Lèontine Lucille Gruvelle che diventerà compagna, amica, modella e moglie
"Realizzarono insieme, con gioia e un'invidiabile energia vitale, un sogno che portò lui alla celebrità e che fece della loro casa , prima l'appartemento di avenue Bois de Boulogne e poi la bella ville di rue Viète, uno dei centri di incontro della cultura e della mondanità parigine."(Fernando Mazzocca, De Nittis, 2013, Rizzoli-Skira)
Il suo salotto era frequentato da intellettuali, pittori e aristocratici come i Goncourt, Desboutine, Daudet, Manet, Degas, Caillebotte (che fu anche padrino al battesimo della figlia), Claretie, Oscar Wilde, Zola, Dumas figlio, Tissot, la principessa Matilde Bonaparte, Gustave Dorè, Huysmans, Maupassant.
Continuò il successo con paesaggi italiani realistici, che incontravano il gusto Goupil con Lungo l'Ofanto e sopratutto con Strada da Napoli a Brindisi del 1872 ed esposta al Salon del 1972. Il Salon ricordiamo, era l'appunto artistico/mondano più importante dell'anno a Parigi. Era una mostra-concorso organizzata dell'accademia sotto l'egida del governo: una giuria selezionava i quadri da esporre e valutava le opere da premiare. I quadri erano esposti per un mese circa al Salon Carrè del Louvre (da qui il nome) e tutta la parigi che conta visitava l'esposizione. Chi vinceva al Salon diventava ricco e famoso.
Verso il 1874 rompe con Goupil e partecipa alla prima mostra degli Impressionisti nell'atelier del fotografo Nadar. Espone ancora al Salon e si reca a Londra grazie all'amicizia con Tissot e al mecenatismo del banchiere Kaye Knowles. In quegli anni alla filiale di Londra della Galleria Goupil lavorava come venditore anche Vincent van Gogh, che scriverà in una delle sue lettere al fratello Theo : "Abbiamo ricevuto qualche giorno fa un quadro di De Nittis, una veduta di Londra, in un giorno di pioggia. Il ponte di Westminster. Io ne conoscevo l'aspetto quando il sole tramonta dietro l'abbazia e il parlamento, ed anche la mattina di buon'ora, e con la neve e con la nebbia, in inverno. Quando ho visto questo quadro ho sentito quanto amassi Londra."
Diventò il più parigino dei parigini, "Amo la Francia appassionatamente, più di qualsiasi altro francese".
Alfred de Lostalot sulle pagine dell’autorevole “Gazette des Beaux Arts” nel 1881: L’esposizione di place Vendôme ha fatto del signor De Nittis un “hors de pair”; all’unisono lo si è proclamato il pittore per antonomasia della Parisienne, in essa assimilando ogni donna elegante, francese o straniera, che abbia subito l’influenza dell’acclimatamento ai bordi della Senna […] Non conosciamo pittore meglio informato nel vestire femminile; ne apprezza tutti i dettagli […]Subito dopo viene un’altra qualità, quasi altrettanto rara … il signor De Nittis dipinge “comme il faut le monde comme il faut”; i suoi modelli sono persone dabbene ed egli sa loro conservare l’aspetto di ciò che sono, senza per questo sacrificare nulla della loro eleganza qualche volta affettata, pertanto incompatibile – o almeno tale dovrebbe essere – con la loro natura. Pittore eccellente, uomo affabile, conosceva a fondo il proprio soggetto, “le monde”. E ancora: Benché straniero il signor De Nittis è il più parigino dei nostri pittori. Ama e traduce come nessun altro l’aspetto delle nostre strade, dei nostri marciapiedi, delle nostre piazze con il relativo movimento, il loro caos, tutta la vita di ogni giorno, formicolante e intensa, nesuno meglio di lui, infine, ha saputo, con maggiore verità e arguzia, dipingere una Parigina, a casa sua o fuori, troneggiante nel proprio salotto o mentre trotterella per la via, bighellonante e perditempo davanti alle vetrine, oppure mentre va “dove va una donna che esce”.
Nel 1883 ebbe i primi sintomi della malattia che lo condusse alla morte l'anno seguente e si trasferì in campagna a Saint-Germaine-en-Laye.