Nato in Argentina a Rosario de Santa Fè da genitori italiani emigrati nel 1899 e morto a Comabbio (Varese) nel 1968.
Il padre Luigi era uno scultore di buona qualità formatosi all’Accademia di belle arti di Milano e crea una ditta di arte funeraria molto apprezzata la “Fontana y Scarabelli”.
Lucio nasce da un relazione con Lucia Bottini, figlia dell’incisore svizzero Jean. Lucia poi sposerà Juan Pablo Maroni e il padre Luigi terrà con se Lucio e si sposerà con Anita Campiglio, considerata sempre da Lucio come mamma. Luigi avrà altri tre figli da Anita.
Come molti italiani di buona famiglia Lucio verrà in Italia a studiare: prima in rinomati collegi (Collegio "Torquato Tasso" a Biurno inferiore) e poi iscritto contemporaneamente all’Istituto tecnico Carlo Cattaneo e al liceo artistico di Brera.
Nel 1917 si arruola volontario nell’esercito: sottotenente di fanteria.
Nel 1921, ottenuto il diploma di perito edile fa ritorno in Argentina.
Nel 1924 dopo aver lavorato con il padre apre il suo studio a Rosario abbandonando lo stile tardo-rodiniano del padre e guardando invece lo stile cubista di Aleksandr Archipenko come in Nudo (1926) e in La mujer y la balde (1927). Nella prima opera insieme ad Archipenko si vedono echi secessionisti e decò mentre nella seconda si nota la lezione di Aristide Maillol.(Paolo Campiglio, Fontana, Art e Dossier, Giunti, 2008)
Nel 1927 torna a Milano e si innamora della scultura espressionista di Adolfo Wildt e non ama il gruppo del “Novecento” e quindi Arturo Martini.
Partendo dal sottofondo romantico del tardo Ottocento, Wildt si dedicò all'arte di una scultura fortemente influenzata dalla Secessione e dall'Art Nouveau, caratterizzata da complessi simbolismi e da una definizione quasi gotica delle sue forme. L'estrema levigatezza delle superfici marmoree conferisce ai suoi busti una purezza assoluta ed un'integrità plastica che ha sempre cercato di conciliare con il sentimento drammatico di un'intensità quasi parossistica. Per questo, Wildt sta alle soglie dell'Espressionismo che si dimostra soprattutto nell'espressione dolente e sconvolta del suo Autoritratto del 1908.
Fra i metodi di Wildt per ottenere la colorazione traslucida del marmo caratteristica delle sue opere vi era quello di ripassarlo con stracci imbevuti di urina umana che, con applicazioni più o meno ripetute, conferiva al marmo differenti toni di avorio, dal più nuovo al più antico; per i toni freddi-verdognoli, invece, il Wildt utilizzava ripassature effettuate con sterco fresco di cavallo. In alternativa era solito utilizzare una tintura ottenuta facendo bollire in acqua tabacco, bucce di cipolla rossa e zucchero. Un esercizio che sottoponeva ai suoi allievi era proprio quello della realizzazione di sfere di marmo o riproduzioni di uova, su cui far eseguire la lucidatura e patinatura con il metodo citato, descritto nel trattatello L'arte del marmo dato alle stampe dal Wildt stesso nel 1922.(Adolfo Wildt- voce di Wikipedia consultata il 24 agosto 2018)
Si iscrive all’accademia di Brera e si diploma nel 1930. Nella predilezione per una scultura di linea, verso una smaterializzazione degli elementi plastici e nella insistita trasfigurazione della materia, egli si ritrova con il più giovane compagno di corso Fausto Melotti
Dirà nel 1963 “Avevo per guida un grande maestro: Wildt, ero considerato l’allievo migliore del corso. E Wildt, anzi, mi aveva espresso più volte che io diventassi continuatore della sua arte. Invece, appena uscito dall’Accademia, ho preso una massa di gesso, le ho dato una struttura approssimativamente figurativa di un uomo seduto e le ho gettato addosso del catrame. Così, per una reazione violenta. Wildt si è lamentato, e cosa potevo dirgli? Avevo una grande stima di lui, gli ero riconoscente, ma a me interessava trovare una nuova strada, una strada che fosse tutta mia.”
(Paolo Campiglio, cit.)
E’ nata così una delle opere più importanti del primo periodo di Fontana L’uomo nero (1930- oggi perduta). Ricordando opere di Archipenko e Zadkine esprime il volume come pretesto per un percorso alle origini della forma. Il catrame nero, graffiato come le incisioni rupestri, la massa quasi informe, espressionistica sono in netto contrasto con la tendenza classicista di recupero delle forme romane e etrusche di Arturo Martini e Marini Marini.
Insieme a Renato Birolli e Aligi Sassu ritiene l’espressionismo una alternativa alla moda del Novecento come in Campione olimpionico (o Campione in attesa) (1932)
Realizza anche numerose ceramiche dai colori accesi.
E’ in contatto anche con l’avanguardia architettonica milanese: Figini e Pollini il gruppo BBPR cioè: Belgioioso, Banfi, Peressutti, Rogers. Ha acquisito la lezione di Le Corbusier. La vicinannza all’architettura è visibile chiaramente nel monumento a Giuseppe Grandi (il grande scultore della Scapigliatura milanese) purtroppo mai realizzato (1931) insieme al cugino architetto Bruno Fontana e all’ingegnere Alcide Rizzardi. Il progetto prevede un cono rovesciato e dei cristalli. Si nota la derivazione dalle opere costruttiviste e razionaliste: vedi Melnikov (Faro di Colombo 1929) e Tatlin (monumento alla III Internazionale)
Negli anni trenta Fontana è sempre in bilico tra figurazione espressionista con grossi volumi plastici e materiali nuovi e rarefazione della forma e bidimensionalità astratta, linearismo e automatismo surrealista. Vedi Il fiocinatore (1934) o Scultura astratta (1934).
Nel 1937 si reca a Parigi per l’Esposizione universale. Conosce Tristan Tzara e Costantin Brancusi e vede le opere di Picasso. Visita i laboratori di ceramica di Sevres e realizza nuove ceramiche.
Nel 1940 torna in Argentina per un concorso e vi rimane fino al 1947 per lo scoppio dellla guerra. A Buenos Aires incontra Margherita Sarfatti, la grande ideologa del gruppo Novecento, anche lei espatriata perchè ebrea da parte di madre. In Argentina realizza, tra l'altro, Caballo Antiguo (1941), una rielaborazione dei cavalli Fidiaci. E' vicino all'ambinete di artisti astratti argentini e insieme a loro concepisce il Manifiesto blanco Ricercava il movimento, il suono. La simultaneità, l'approccio intuitivo all'arte e il tempo. La sintesi tra forma, colore, suono e movimento.Ecco alcune frasi prese dal manifiesto:
Si richiede un cambiamento nell'essenza e nella forma. Si richiede il superamento della pittura, della scultura, della poesia e della musica. È necessaria un'arte maggiore in accordo con le esigenze dello spirito nuovo.
L'uomo è esausto di forme pittoriche e scultoree. Le sue esperienze, le sue opprimenti ripetizioni attestano che queste arti permangono stagnanti in valori estranei alla nostra civiltà, senza possibilità di svilupparsi nel futuro.
La vita tranquilla è scomparsa. La nozione del rapido è costante nella vita dell'uomo. L'era artistica dei colori e delle forme paralitiche è sorpassata. L'uomo si fa sempre più insensibile alle immagini inchiodate senza indizi di vitalità. Le antiche immagini immobili non soddisfano più le esigenze dell'uomo nuovo
La ragione non crea. Nella creazione delle forme, la sua funzione è subordinata a quella del subcosciente. In tutte le attività l'uomo funziona con la totalità delle sue facoltà. Il libero sviluppo di tutte queste è una condizione fondamentale nella creazione e nell'interpretazione della nuova arte.
Concepiamo la sintesi come una somma di elementi fisici: colore, suono, movimento, tempo, spazio, la quale integri una unità fisico-psichica. Colore, l'elemento dello spazio, suono, l'elemento del tempo, il movimento che si sviluppa nel tempo e nello spazio, sono le forme fondamentali dell'arte nuova, che contiene le quattro dimensioni dell'esistenza.
Tempo e spazio.
La nuova arte richiede la funzione di tutte le energie dell'uomo, nella creazione e nell'interpretazione. L'essere si manifesta integralmente, con la pienezza della sua vitalità. Colore Suono Movimento.
Tornato a Milano scrive il Primo manifesto dello Spazialismo (1947) in cui approfondisce le idee del Manifiesto blanco:
L'arte è eterna, ma non può essere immortale. È eterna in quanto un suo gesto, come qualunque altro gesto compiuto, non può non continuare a permanere nello spirito dell'uomo come razza perpetuata. Ma l'essere eterna non significa per nulla che sia immortale. Anzi essa non è mai immortale. Potrà vivere un anno o millenni, ma l'ora verrà sempre, della sua distruzione materiale. Rimarrà eterna come gesto, ma morrà come materia.
Ora noi siamo arrivati alla conclusione che sino ad oggi gli artisti, coscienti o incoscienti, hanno sempre confusi i termini di eternità e di immortalità, cercando di conseguenza per ogni arte la materia più adatta a farla più lungamente perdurare, sono cioè rimasti vittime coscienti o incoscienti della materia, hanno fatto decadere il gesto puro eterno in quello duraturo nella speranza impossibile della immortalità.
Noi pensiamo di svincolare l'arte dalla materia, di svincolare il senso dell'eterno dalla preoccupazione dell'immortale. E non ci interessa che un gesto, compiuto, viva un attimo o un millennio, perché siamo veramente convinti che, compiutolo, esso è eterno.[...] È impossibile che l'uomo dalla tela, dal bronzo, dal gesso, dalla plastilina non passi alla pura immagine aerea, universale, sospesa, come fu impossibile che dalla grafite non passasse alla tela, al bronzo, al gesso, alla plastilina, senza per nulla negare la validità eterna delle immagini create attraverso grafite, bronzo, tela, gesso, plastilina.
Idee precisate meglio nel Manifesto tecnico dello Spazialismo (1951)
Le scoperte della scienza gravitano su ogni organizzazione della vita. La scoperta di nuove forze fisiche, il dominio della materia e dello spazio impongono gradualmente all'uomo condizioni che non sono mai esistite nella sua precedente storia. L'applicazione di queste scoperte in tutte le forme della vita crea una trasformazione sostanziale del pensiero. Il cartone dipinto, la pietra eretta non hanno più senso; le plastiche consistevano in rappresentazioni ideali di forme conosciute ed immagini alle quali idealmente si attribuivano realtà.
È necessaria la superazione della pittura, della scultura, della poesia. Si esige ora un'arte basata sulla necessità di questa nuova visione. Il barocco ci ha diretti in questo senso, lo rappresenta come grandiosità ancora non superata ove si unisce alla plastica la nozione del tempo, le figure pare abbandonino il piano e continuino nello spazio i movimenti rappresentati.
Arte spaziale, per ora, neon, luce di Wood, televisione, la 4a dimensione ideale dell'architettura.La prima forma spaziale costruita dall'uomo è l'aereostato. Col dominio dello spazio l'uomo costruisce la prima architettura dell'Era Spaziale- l'areoplano. A queste architetture spaziali in movimento trasmetteranno le nuove fantasie dell'arte. Si va formando una nuova estetica, forme luminose attraverso gli spazi. Movimento, colore, tempo, e spazio i concetti della nuova arte. Nel subcosciente dell'uomo della strada una nuova concezione della vita; i creatori iniziano lentamente ma inesorabilmente la conquista dell'uomo della strada. L'opera d'arte non è eterna, nel tempo esiste l'uomo e la sua creazione, finito l'uomo continua l'infinito.
L'ambiente spaziale a luce nera del 1949 alla Galleria del Naviglio di Milano è la prima opera in cui possiamo vedere esplicitati i concetti presenti nei manifesti. Forme allungate e colorate appese al soffitto con fili leggeri e illuminate da luci di Wood. Tra il '49 e il '50 Fontana arriva alla definizione dei suoi Concetti spaziali o più semplicemente buchi, che l'autore spiega così:
"La scoperta del cosmo è una dimensione nuova, è l'infinito: allora io buco questa tela, che era alla base di tutte le arti e ho creato una dimensione infinita, una x che per me è alla base di tutta l'arte contemporanea".
Su queste tele bucate Fontana proiettava dei fasci di luce, anche in movimento. Questa modalità venne anche documentata dalle trasmissioni Rai sperimentali del 1952.
Ecco il manifesto del movimento spaziale per la televisione:
MANIFESTO DEL MOVIMENTO SPAZIALE PER LATELEVISIONE, 1952
Noi spaziali trasmettiamo, per la prima volta nel mondo, attraverso la televisione, le nostre nuove forme d'arte, basate sui concetti dello spazio, visto sotto un duplice aspetto:
il primo quello degli spazi, una volta considerati misteriosi ed ormai noti e sondati, e quindi da noi usati come materia plastica;
il secondo quello degli spazi ancora ignoti del cosmo, che vogliamo affrontare come dati di intuizione e di mistero, dati tipici dell'arte come divinazione.
La televisione è per noi un mezzo che attendevamo come integrativo dei nostri concetti. Siamo lieti che dall'Italia venga trasmessa questa nostra manifestazione spaziale, destinata a rinnovare i campi dell'arte.
E' vero che l'arte è eterna, ma fu sempre legata alla materia, mentre noi vogliamo che essa ne sia svincolata, e che attraverso lo spazio, possa durare un millennio, anche nella trasmissione di un minuto.
Le nostre espressioni artistiche moltiplicano all'infinito,in infinite dimensioni, le linee d'orizzonte;esse ricercano un estetica per cui il quadro non è più quadro, la scultura non è più scultura, la pagina scritta esce dalla sua forma tipografica.
Noi spazialisti ci sentiamo gli artisti di oggi, poiché le conquiste della tecnica sono ormai a servizio dell'arte che noi professiamo.
(Ambrosiani, Burri, Crippa, Deluigi, De Toffoli, Dova, Donati, Fontana, Giancarozzi, Guidi, Joppolo, La Regina, Milena, Dilani, Morucchio, Peverelli, Tancredi, Vinello).
Da notare anche la partecipazione alla mostra: Pittori d'oggi. Francia -Italia organizzata a Torino e Lione e alla biennale di San Paolo del Brasile. L'opera Il fiore (o Concetto spaziale) del 1952 introduce il movimento: un fiore costituito da lamelle di ferro verniciato di giallo con una serie di buchi ordinati e in movimento tra di loro. Ma forse l'opera più interessante di questo periodo è la Struttura al neon per la IX Triennale di Milano del 1951. Un neon continuo che si intreccia più vote appeso ad un soffitto colorato di blu (insieme agli architetti Baldessari e Grisotti) e sembra cristallizzare il movimento di una torcia elettrica oppure il movimento di uno schizzo su carta (come si può vedere dagli schizzi preparatori) simile ai tracciati spiraliformi di Hans Hartung.
Nei successivi anni '50 realizzerà una serie di opere sempre più rappresentative del pensiero informale. la serie deelle Pietre la serie dei barocchi e quella dei gessi. Conosce Yves Klein, che lo ammira. Nel 1958 alla XXIX Biennale di Venezia presenta il Settimo manifesto dello spazialismo. Finalmente alla fine del 1958 avviene la creazione della serie dei Tagli chiamati anche Concetto spaziale. Attese. Su uno sfondo sempre più monocromo, egli incide la tela con un uno o più tagli per cui si interrompe la illusorietà della tela come supporto per un disegno e l'opera diventa una materia che tramuta la tela in una scultura tridimensionale. Una scultura che come quelle precedenti che smaterializza il volume, apre un varco verso una ricerca di infinito, di spazio, di spiritualità. La stessa ricerca di spiritualità operata da Kandinskij, Pollock, Yves Klein e da Rothcko.
Segue poi la serie degli Olii delle Nature delle Veneziee dei Metalli. Fra quest'ultime è notevole l'opera Concetto spaziale.New York 10 del 1962. Fontana ricorda dopo un viaggio a New York del 1962:
"Come faccio a dipingere quest'orribile New York? Poi tutt'a un tratto m'è venuta una intuizione: ho preso delle lamiere di metallo luccicante e mi sono messo a lavorarle, ora rigandole verticalmente per dare il senso dei grattacieli, ora sforacchiandole con un punteruolo, ora ondulandole per creare cieli un pò drammatici, ora riflettendoci dentro un pò di stagnola colorata, per ottenere dei bagliori tipo neon"
“Oggi, noi, artisti spaziali, siamo evasi dalle nostre città, abbiamo spezzato il nostro involucro, la nostra corteccia fisica e ci siamo guardati dall’alto, fotografando la Terra dai razzi in volo”. (Lucio Fontana, Spaziali, Secondo Manifesto spaziali, 1948 in Enrico Crispolti, Catalogo ragionato di sculture, dipinti, ambientazioni, tomo I, p. 115, Skira, Milano 2006)
I primi lanci di missili nello Spazio furono effettuati negli stessi anni in cui si sviluppò il movimento spazialista e la ricerca aerospaziale trovò nuovi stimoli, proprio alla fine degli anni ’40 con le prime immagini della Terra riprese da un missile nel 1946-47. (vedi foto della NASA).
Queste fotografie vennero pubblicate su riviste, come Life, e su cinegiornali ed ebbero una grande diffusione in tutto il mondo e un forte impatto sull’immaginario di Fontana e sulla realizzazione delle sue opere.
Ancora nel 1961 l’artista fa riferimento ai primi viaggi dell’uomo nello Spazio per il concepimento dell’opera Fonti di energia, soffitto al neon per “Italia 61”, come racconta uno degli architetti del progetto Anna Monti: “al primo incontro ci parlò di quel “cielo nero da incubo” che l’astronauta aveva visto”. (Intervista ad Anna Monti, Milano, 2011 in Marinella Venanzi, Fontana e lo spazio. Aspetti innovativi dalle opere ambientali di Lucio Fontana, p. 136, Venezia, 2011-2012). : (vedi hangar Bicocca.org)
Ecco un riassunto delle opere di Fontana raggruppate per temi:
Le Sculture (1925-1967) I Buchi (1949-1968) Le Pietre (1952-1956) I Barocchi (1954-1957) I Gessi (1954-1958) Gli Inchiostri (1956-1959)
Gli Olii (1957-1968) I Tagli (1958-1968) I Quanta (1959-1960) Le Nature (1959-1960) I Metalli (1961-1968) La Fine Di Dio (1963-1964)
I Teatrini (1964-1966) Le Ellissi (1964-1967) Le Ambientazioni (1926-1968) I Disegni (1928-1968) Le Ceramiche (1949-1968)
vedi anche: Fondazione Lucio Fontana
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